Didattica e pensiero pedagogico

Educazione… ma che cos’è?
Potrei rispondere con le parole dei saggi, con le parole dei pedagogisti… Io, chiedendovi scusa, risponderò con parole mie. Educazione potrebbe semplicemente significare: abitudine a… osservare, riflettere, discutere, ascoltare, capire […]. Detto più semplicemente, prendere l’abitudine a pensare.

Alberto Manzi è stata una persona curiosa, attenta osservatrice delle potenzialità del suo tempo, capace di rimanere in ascolto, mettersi in dialogo, farsi domande e fare ricerca. 

La scuola dovrebbe dare ad ogni bambino e bambina il gusto di scoprire il mondo attraverso il fare, il pensare, l’immaginare, il creare e il disfare
per diventare cittadini attenti ai diritti di ognuno. Le discipline erano strumenti utili e necessari per capire e amare il mondo, per imparare a rispettare gli altri e se stessi. Manzi partiva dagli interessi dei bambini, dalle loro esperienze concrete, quotidiane, da ciò che sta sotto gli occhi (a volte non visto) per trasformarlo in scoperta e apprendimento. Imparare a imparare, prendersi il gusto della curiosità, fare relazioni tra le cose,
dare il meglio di sé da soli e in gruppo erano le regole della sua classe, senza banchi e a volte senza sedie: un foglio di carta da pacco diventava il palcoscenico per la matematica, il terrazzo il laboratorio di scienze. Ma non c’era né matematica né scienza: c’era l’urgenza di porsi domande scientifiche e matematiche sul mondo. Non c’era nemmeno la spiegazione, c’era la ricerca. Manzi voleva che i suoi alunni e alunne fossero capaci di gestire l’imprevisto che certamente avrebbero incontrato: le cose che sapevano potevano essere dimenticate, ma come le avevano scoperte sarebbe sempre loro servito.

Appassionato di strumenti e materiali (dai libri gioco scritti da lui all’ultima tecnologia che amava portare in classe per “aprirla”, scoprendo cosa c’era dentro), dalla progettazione dello spazio dell’aula a quella del territorio (come Sindaco lavorò ad un parco archeologico ora a lui dedicato), Manzi continua a interrogarci per non smettere mai di essere insegnanti curiosi, competenti e innovatori. 

Premetto: tutto questo discorsetto vuole costringerci a riflettere sull’importanza delle nostre azioni nei confronti dei bambini. Se vogliamo aiutarli a crescere anche intellettualmente, dobbiamo aver chiaro che cosa vogliamo ottenere e come possiamo ottenerlo.Che cosa diamo per scontato nell’educazione dei nostri figlioli? Innanzi tutto che l’istruzione inizi attorno ai cinque-sei anni. Non è vero. Possiamo educare l’intelligenza del bambino fin dai primi momenti della sua vita. Diamo inoltre per scontato che l’istruzione deve essere realizzata in gruppo e che il gruppo “prosegua” insiem, tutt’insieme, con tappe stabilite da un programma che non considera l’individuo, ma un “modello medio” (o mediocre, inesistente inoltre) di bambino. Diamo per scontato che è sempre valido il rapporto attivo (insegnante o adulto), passivo (bambino); che è l’insegnante che deve parlare e il bambino deve ascoltare; l’insegnante deve fare, il bambino deve ripetere. E poichè tutta la faccenda sembra funzionare, ecco che non si modifica nulla, anche quando si parla di maestro sollecitatore di attività, di classi aperte, di tempo pieno, di orari prolungati… Trasformazioni apparenti. La scuola funziona quando il bambino che va a scuola ha già acquisito certe abilità: capacità di attenzione, di comprensione delle espressioni usate dall’insegnante (che spesso ritiene che il bambino ha compreso perfettamente il suo discorso “logico”); quando ha acquisito la capacità di mettere in relazione le cose e la capacità di usare dei simboli (perciò di astrazione). Inoltre la scuola funziona se il bambino ha acquisito la capacità di autodistruzione: come inibire gran parte dell’attività muscolare, di accettare passivamente senza comprendere, di ripetere meccanicamente facendo finta di aver compreso. Questa rigenera l’odio per la scuola. E siccome l’apprendimento scientifico non può essere camuffato da parole gettate a caso, ecco l’avversione, l’odio per le scienze siano matematiche siano naturalistiche.Che fare allora? Prepararci noi per aiutare i nostri figli.In queste paginette sono suggerite delle attività.”

Alberto Manzi, Che cosa diamo per scontato?, Agenda Casa Serena, 1989

Educare a pensare

Schema riassuntivo sul concetto di “imparare a pensare” elaborato dal maestro Manzi, per il quale ringraziamo la dott.ssa Lucilla Valeri.


Negli appunti dattiloscritti redatti per il suo intervento ad una conferenza a Genova nel marzo del ’96, Manzi scrive:

“È utile mandare il bambino alla scuola materna o no? (…) Ebbene il bambino di fronte ad ogni situazione, riflette, analizza, cerca di darsi una risposta. La sua capacità di ragionamento inizia SUBITO. (…) Non si nasce intelligenti. Si DIVENTA intelligenti. (…) Occorre che il bambino sia sollecitato a saper vedere, a saper osservare, a riflettere sulle cose, a ragionare sulle cose… ossia sollecitato a pensare, a fare, a parlare… Allora, quali esperienze? Tutte quelle possibili. (…).


Il bambino secondo Alberto Manzi

Appunti scuola – problemi dei bambini

Questo documento dattiloscritto contiene alcuni aspetti problematici riguardo all’educazione del bambino e al ruolo della scuola.

Il bambino è competente

Alberto Manzi insisteva nel sostenere l’importanza del rispetto del bambino, di ogni suo sforzo teso a capire il mondo e se stesso: “il bambino ha una rete di conoscenze di una complessità insospettata; fatti e conoscenze diverse sono legati tra loro in modo rigoroso e coerente. […] Questo sforzo di capire e spiegare i fatti, esiste. Non deve essere dimenticato o distrutto. […] Sembra di perdere molto tempo, ma solo così possiamo entrare nel suo mondo.”

La didattica deve costruirsi intorno a oggetti, strumenti, situazioni e esperienze che rendano protagonista l’alunno: “il bambino costruisce il suo sapere lavorando con le cose, ragionando sulle cose, osservando le cose. […] Costruisce il suo sapere non raggruppando una conoscenza sull’altra, ma assimilando le informazioni e le esperienze, mettendole in relazione alle conoscenze precedenti. Non possiamo aiutarlo ad ampliare i suoi concetti se non sappiamo quello che sa.”

Una scuola in grado di innovare se stessa deve saper sostenere i suoi insegnanti affinché sappiano trasformare il loro modo di insegnare: “Rinnovarsi non è inventare modi nuovi per dire cose vecchie ma una trasformazione totale per educare a pensare per preparare un individuo – per un futuro imprevedibile – a saper ricostruire continuamente il suo sapere sviluppando modi di guardare la realtà e modi di mettersi in relazione con la realtà (…)”

Il tempo dell’apprendimento

Leggi gli appunti preparati dal maestro Manzi per il suo intervento alla conferenza tenuta a Desenzano del Garda nel settembre del 1996.

Il diritto del bambino all’istruzione

(Trascrizione dell’originale) – In queste brevi frasi è racchiusa tutta l’importanza dell’istruzione: “qualcosa che deve nutrire per tutta la vita”. (…) Che cosa significa “diritto all’istruzione?” Offrire conoscenze che aiutano a migliorare in qualche modo la nostra cultura e, di conseguenza, aiutano a migliorare l’umanità. Istruire per crescere, istruire per rendere, non dico uguali, ma migliori, dove ogni individuo raggiunge più, molto più, dell’indispensabile. (…) Ci si limita a dare informazioni, ad istruire, rimanendo conformisti di fronte ad una cultura precostituita, non rispetta il diritto all’istruzione dell’individuo, dato che il sapere deve attivare l’intelligenza. L’intelligenza si sviluppa pensando. Educare a pensare non significa imporre contenuti; non significa dire “come deve fare”, ma significa porre un individuo in attività. Noi pensiamo tutte le volte che non abbiamo soluzioni pronte per superare una determinata difficoltà o risolvere un determinato problema. Educare a pensare significa rendere un individuo capace di reagire prontamente e obiettivamente di fronte all’imprevisto; abituarlo a saper vedere le cose, a saper ragionare sulle cose stimolandone la capacità di riflessione e di analisi, a saper connettere insieme aspetti di quel che sta osservando o di cui sta parlando, con parti di esperienze passate. (…)  ma per educarlo a questo dobbiamo sviluppare il più possibile la sua intelligenza. Non si nasce intelligenti: si diventa intelligenti. E l’intelligenza può essere sviluppata, e tutto confluisce allo sviluppo dell’intelligenza. Pensare non è apprendere delle cose particolari, ma è l’insieme dello sviluppo intellettivo. Educare a pensare significa anche creare una atmosfera intelligente dove crescere, un ambiente dove si realizzano situazioni favorevoli alla crescita intellettiva. Educare a pensare significa anche prevenire la necessità di un recupero. Se educhiamo in questo senso abbiamo veramente rispettato il diritto all’istruzione.


Risponde la scuola alle esigenze della società di oggi?

Nel documento dattiloscritto intitolato “Perché della necessità di una trasformazione“, Alberto Manzi espone alcune riflessioni, critiche e analisi delle cause di insuccesso della scuola di oggi. Altre osservazioni sono contenute nel documento:


Appunti di didattica

L’archivio conserva appunti, quaderni, libri e materiale che permettono di capire come il maestro impostava il suo lavoro in classe con gli alunni. Alcune “lezioni” sono più strutturate perché Manzi produsse degli opuscoli divulgativi che furono pubblicati per fornire un supporto al lavoro operativo a scuola.


Lavorare in classe

Dalle trasmissioni televisive arrivano numerosi spunti operativi della proposta didattica e pedagogica di Manzi.
Alcuni concetti chiave:

  • Far vivere un problema: è fondamentale che il mondo, le discipline, la realtà possano essere vissuti come problemi appassionanti, capaci di sfidare i bambini e quello che già sanno facendo nascere in loro una “tensione cognitiva”.
  • Fare discutere e verificare: attraverso la dimensione operativa del fare, manipolando strumenti, materiali, oggetti i bambini e le bambine rivelano a se stessi e alla classe quello che già sanno, come lo sanno, fanno ipotesi, immaginano soluzioni. La dimensione del fare permette anche di verificare cosa accade e come. E di documentare l’esperienza vissuta affinché possa lasciare una traccia (questo è apprendimento per Manzi: “l’esperienza che lascia una traccia”).
  • Formazione di un nuovo concetto e linguaggio: il nuovo concetto va a riorganizzare tutta la mappa del sapere del bambino, il linguaggio diventa più preciso perché al bambino servono le “parole giuste” per potersi esprimere, per condividere le proprie scoperte, per far capire il proprio pensiero.

Se vuoi studiare direttamente sugli originali, di seguito una selezione da discipline diverse.


Competenze linguistiche

I Quaderni del Castoro: schede di educazione linguistica
Di Alberto Manzi. Edizioni Moderne, Bologna, 1989.
Scarica il quaderno per la classe prima
Scarica il quaderno per la classe seconda

Le parole e i modi di dire sono importanti per lo sviluppo cognitivo; aiutano a costruire una relazione sempre più precisa tra i modi di guardare, di fare, di dire. Quando noi diciamo: ” prendi tutte le strisce…” oppure “prendi quelle lunghe e corte”; “prendi quelle lunghe o quelle corte”; “prendi una striscia…” obblighiamo il bambino a rendersi consapevole del significato delle parole; significato che lui stesso può controllare rendendosi così responsabile delle sue azioni e delle parole che usa. (…) Se inventiamo una storia dove Pinocchio e Geppetto vengono a cena da noi, ha senso inserire domande e richieste di vario tipo ed è anche possibile costruire alternative diverse (Dobbiamo apparecchiare la tavola per Geppetto e Pinocchio…ma se viene anche la fata turchina?… e se due piatti si rompono?…).

Nelle “storie” che andiamo inventando con il bambino le “complicazioni” sono o possono essere diverse e questo ci permette di spaziare e trasformare e ripetere e approfondire senza annoiare (ripeto: mai durare piu’ di dieci minuti con questi giochi, e se il bambino ha quattro anni o meno, il tempo deve ridursi sempre piu’). Un conto è dire: “di che colore è questo?… Metti insieme quelli dello stesso colore”, e un conto è dire: preparar tutto quel che serve a Pinocchio e a Geppetto per poter mangiare la minestra. Qui deve affrontare una situazione in cui occorre fare attenzione e alla qualità e alla funzione degli oggetti, e alla numerosità. E se abbiamo un solo piatto per mettere la minestra? Mangerà solo Pinocchio o solo Geppetto? Possono fare metà per uno?… Servirà il coltello per mangiare la minestra? E perchè no? La forchetta. allora? Occorre il bicchiere?… Se il bambino sbaglia, ha, in genere, una spiegazione che corrisponde ad un suo modo di guardare le cose. Quel che occorre fare è offrirgli situazioni diverse che lo aiutino a “vedere”, ossia a cambiare i suoi modi di guardare; il che, di conseguenza, porterà ad avere spiegazioni “cambiate”; risposte “cambiate”.

da Agenda Casa Serena 1989

A seguire alcuni esempi di temi degli alunni del maestro Manzi. I titoli ci permettono di capire come per Manzi fosse primaria la necessità di abituare a pensare soprattutto sulle cose che i bambini potevano dare per scontate.

La lettura

Saper leggere è comprendere esattamente ciò che si è letto, apprezzare il valore e l’esattezza; riflettere e giudicare.L’apprendimento passa attraverso stadi successivi di acquisizione:
1) ed. sensomotoria
2) sviluppo del linguaggio (articolazione e pronuncia)
3) acquisizione meccanismi fondamentali
4) lettura orale
5) comprensione della lettura
6) lettura espressiva
7) lettura personale

estratto da un documento manoscritto originale

 E il libro è faticoso, spesso noioso; (…). In verità la colpa non è della televisione (anche se la televisione potrebbe fare molto per sollecitare la lettura, e non solo dei bambini), il fatto è che i bambini non sono stati educati al “gusto” della lettura. Iniziano a leggere su i libri scolastici dove spesso si parla di tutto, dei problemi sociali, delle guerre, delle malattie, della fame nel mondo…e ci si dimentica che proprio questi primi libri dovrebbero invece suscitare interesse alla lettura, gusto alla lettura. Spesso ci si dimentica che anche il saper leggere sviluppa la crescita intellettiva ma non si ha gusto a leggere se quel che si legge non ci interessa. ll punto è proprio questo: dopo aver fatto tanti sforzi per imparare a leggere, il bambino scopre un libro insulso, pieno di cose che costano fatica ad essere comprese e che non gli dicono proprio nulla.

Perché i ragazzi non leggono? da Agenda Casa Serena, 1988

Esercizi e suggerimenti per stimolare la comprensione della lettura:

La favola

Su suggerimento del maestro Manzi proponiamo, in questa sezione, la Favola come mezzo privilegiato per iniziare il bambino alla lettura.

ll tempo della favola
La favola nei libri di testo

La favola: che cos’è? (…) é un modo di preparare il bambino alla realtà della vita; la favola è “scienza”, non invenzione fantastica (…)Oggi è rimasta la favola incisa sul disco o trasformata in cartone animato propinato a iosa dalla televisione: non c’è più il “mediatore” , però; e allora la favola diventa una esperienza che non viene rielaborata, pertanto non ha più una funzione liberatoria. Rimane l’informazione, l’esperienza, ma non essendo mediata non sappiamo quale condizionamento potrà produrre. Così la favola “il narrare favole” sta scomparendo per colpa della pigrizia dell’adulto.


Riprendiamo a raccontare favole da da Agenda Casa Serena, 1988

Competenze matematico-scientifiche

“Mio figlio non è portato per la matematica”, chi non ha sentito dire almeno una volta una frase del genere? Oppure: “Sa, non può farcela, non ha proprio il bernoccolo della matematica”. Già, la “capacità matematica” sembra un qualcosa che deve piovere dall’alto, o frutto di qualche gene particolare che si trasmette all’atto della procreazione. Difficilmente ci si chiede se quel bambino non capisce la matematica perché gli adulti non sono stati capaci di aiutarlo a “ragionare sulle cose”. Difficilmente ci si chiede se non siamo stati proprio noi i responsabili della sua avversione e, di conseguenza, della sua incapacità matematica. Se andiamo a sviscerare il problema ci accorgiamo che il più delle volte chi afferma di odiare la matematica ha avuto un cattivo incontro con essa. Possiamo affermare che molte volte la responsabilità di questa avversione ricade proprio sulla scuola che, preoccupata di far fare presto addizioni e sottrazioni, divisioni e moltiplicazioni, dimentica che occorre innanzi tutto che il bambino giunga al “concetto di numero” dopo aver “lavorato” con delle quantità, dopo aver “ragionato” sulle cose; e non si può ragionare sulle cose se non si impara a “vedere” le cose, a mettere in relazione ciò che si vede con le cose, se non si impara a valutare, confrontare, associare, se non si impara a spezzare le relazioni complesse per poter arrivare al nocciolo della questione… Tutto ciò sembra dimenticato dalla scuola, sembra ignorato dai genitori. Ci si dimentica che l’intelligenza “cresce” se viene usata ma non solo per ripetere meccanicamente delle nozioni, ma sollecitata da esperienze che vanno accumulandosi, che vanno ad intrecciarsi con esperienze passate, che vanno modificandosi in continuazione… Ci si dimentica che il linguaggio è l’altro elemento importante per la formazione dei concetti (perciò della crescita intellettiva); ma se non si fanno cose, su cosa si parla? Come preciso il linguaggio se non ho…da precisare qualcosa? In queste note vogliamo raccontare come si può aiutare il bambino a sviluppare modi di vedere le cose, modi di ragionare sulle cose, modi di… amare la matematica.

Per non farla odiare, Alberto Manzi, da Agenda Casa Serena 1989

La Classificazione

Educazione scientifica


Il gioco

È stato accennato che abbiamo due grandi strumenti a disposizione per aiutare l’intelligenza a crescere: le favole e il gioco. Che significa giocare? Questa azione istintiva del bambino è stata spesso trascurata e considerata una semplice perdita di tempo, un modo di scaricare le energie superflue ed anche un modo per non avere i piccoli tra i piedi. ll gioco invece ha diverse finalità: è usato dai bambini per imitare il comportamento degli adulti e apprendere le tecniche e i ruoli dell’età matura. ll bambino ripropone a se stesso situazioni e atteggiamenti relativi al mondo degli adulti attraverso una sua personale interpretazione che va man mano modificando e correggendo in base ad esperienze successive. ll gioco è anche un modo per apprendere delle tecniche per raggiungere determinati obiettivi. Può anche essere un modo di “essere” senza nessuno scopo. Quel che ci interessa rilevare è che con il gioco il bambino sviluppa creatività, invenzione e ricerca, fattori che sono di primaria importanza per poter affrontare nel futuro ogni imprevisto e saper esaminare un qualsiasi problema e tentare di risolverlo. E con la continua trasformazione tecnologica attuale, con le scoperte che si susseguono a ritmo accelerato e le invenzioni che si sovrappongono freneticamente, un individuo deve essere preparato a saper affrontare l’imprevisto. ll gioco è uno dei mezzi per sviluppare l’intelligenza; è nel gioco che il bambino inizia i primi processi di astrazione; è il modo attraverso il quale il bambino si crea delle situazioni immaginarie per superare il limite delle sue possibilità di azione; è un ampliare i propri limiti, per acquistare un po’ più ampia consapevolezza di se stesso, delle sue capacità, del suo essere tra le cose. ll bambino impegnato nel gioco manipola, associa, combina in modo nuovo cose “vecchie”, crea relazioni insolite tra parole, oggetti e persone. Queste esperienze favoriscono lo sviluppo del linguaggio e del pensiero.

Ed eccoci al giocoda Agenda Casa Serena 1988

È grazie ai movimenti del suo corpo, al toccare, al sentire, al disfare, al provare…che il bambino costruisce le sue esperienze, che conquista e organizza lo spazio, che realizza il concetto di tempo, che precisa le relazioni tra sé e le cose, sé e gli altri…ossia forma i suoi concetti: pensa.

Il gioco è pensiero, Agenda Casa Serena, anno sconosciuto

Manuale per genitori che vogliano aiutare lo sviluppo dell’intelligenza


Psicomotricità

Esempi di esercizi proposti dal maestro Manzi sulla psicomotricità

Il gioco per lo sviluppo dell’intelligenza ovvero della psicomotricità da Agenda Casa Serena, anno sconosciuto


Educazione musicale

È preferibile iniziare con dei semplici ritmi, per non mettere in crisi il bambino. Infatti gli si chiede di seguire, con movimenti del corpo, il ritmo della musica; come vuole lui, senza nessuna preoccupazione. Alla ripetizione dello stesso ritmo musicale gli si chieda di inventare movimenti diversi in modo che sia costretto a “creare” (…) figure nuove. Se riesce ad inventare movimenti diversi sullo stesso ritmo musicale, si può chiedergli di inventare nuovi ritmi di movimento.

Musica e movimento, da Agenda Casa Serena 1986

Educare alla musica
E con gli strumenti, musica!


Educazione interculturale

Il maestro Manzi teneva molto ad un’educazione di taglio interculturale. Questa la frase conclusiva della conferenza tenuta ad Orbetello nel giugno del 1997 riguardo ad Una metodologia didattica per l’educazione interculturale. Leggi gli appunti dell’intervento completo.

Su “Il Giornalino“, nel 1979, pubblica un inserto molto interessante intitolato Ogni bambino ha diritto…
Da un lavoro svolto con i suoi alunni, il maestro Manzi trarrà il suo manifesto contro il razzismo. Leggi gli appunti per il testo.  In ogni sfaccettatura dell’azione educativa e didattica del maestro Manzi è possibile rintracciare i valori e gli ideali che sottostanno alla sua concezione di Educazione Interculturale. Testi come Ti racconto la Storia – Prime civiltà lungo il Fiume Giallo: i Cinesi o Popoli Primitivi Oggi: Asia e Oceania ne sono esempio. 

Inoltre per anni si dedicò all’apprendimento della lingua italiana degli stranieri con il programma Impariamo Insieme. Riportiamo qualche esempio delle pagine del libro Insieme – corso di lingua italiana per stranieriEd. Janus Bergamo, scritto da Alberto Manzi e Bruna Boldrin.

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