Mauro Mori

21 febbraio 2014

Scopro solo ora l’esistenza di questo centro e ringrazio per l’opportunità che mi viene data di parlare del Maestro Manzi.Sono stato suo alunno nell’anno 1947. Credo di essere uno degli alunni più vecchi. Classe 1938.Il ricordo di Alberto Manzi, di cui si parla tanto e finalmente in questi giorni, fa parte dei momenti più belli e formativi della mia vita.Sono stato un suo alunno, anzi molto di più, il suo primo alunno.Eravamo nel 1947 ed il Maestro Manzi, che era al suo primo incarico, iniziava la sua avventura proprio con la mia classe, la terza elementare della scuola Fratelli Bandiera di Roma.Per noi poco più che bambini gli anni precedenti erano stati sicuramente difficili, avevamo attraversato nel bene e nel male tutto il periodo della guerra, il nostro quartiere aveva subito i bombardamenti e ad uno di questi io stesso ero scampato miracolosamente quando il 14 marzo 1944 l’Istituto delle Suore Sacramentine, dove frequentavo l’asilo, venne distrutto ed in esso morirono nove suore tra le quali la mia insegnante.In quegli stessi anni la scuola Fratelli Bandiera era stata occupata dalle Forze Alleate e frequentare la prima e seconda elementare in Istituti lontani dalle nostre zone di abitazione fece sì che ci si trovasse tutti insieme proprio in quel 1947, iniziava così, con il Maestro Manzi, la nostra vera vita scolastica.Noi avevamo tutti 7/8 anni, Alberto 22, più che il maestro fu un amico o fratello maggiore, il suo modo di insegnare era un gioco ed una continua nuova scoperta alla quale partecipavamo sempre con grande interesse.Di ognuno di noi sapeva individuare ed esaltare le potenzialità, ma soprattutto, senza soffocare la nostra individualità, di insegnò a lavorare in gruppo.Così come anni dopo in “Non è mai troppo tardi”, la sua forza era la lavagna, ci incantavamo a vederlo disegnare con quella naturalezza, era un modo per fissare nelle nostre menti quanto via via venivamo imparando.
Bellissima l’esperienza del giornalino di classe sulla falsa riga del “Corriere dei Piccoli”.Notò in me la timidezza e l’insicurezza che inconsciamente mi portavo dentro, perché le superassi, sfruttò al meglio le mie capacità nel disegnare così spesso mi chiamava vicino a lui alla lavagna e lasciava che lo aiutassi.In quegli stessi mesi Alberto insegnava anche ai ragazzi del Carcere Minorile a Porta Portese, anche in questo caso ci rese partecipi della sua esperienza raccontandoci le loro storie. Fece da tramite tra noi e quei ragazzi sfortunati facendo in modo che potessimo aiutarli regalando i nostri libri scolastici e di avventure.Purtroppo, essendo supplente, il suo incarico terminò a fine anno con il dispiacere di noi ragazzi e delle nostre famiglie.Non fu però un addio per tutti perché nello stesso anno portò me, Maurizio Costanzo (sì proprio lui) ed altri di noi nel Reparto Scouts Roma 4 da poco fondato presso la Parrocchia di S. Ippolito che frequentava saltuariamente. Ci iscrivemmo nei Lupetti diventando Scouts una volta raggiunta l’età.Ebbi così l’opportunità di vederlo spesso e continuando a risiedere nello stesso quartiere almeno fino a metà anni ’70 molte erano le occasioni di incontrarlo a passeggio con il suo inseparabile cane, sempre con un sorriso da me ricambiato con un abbraccio ed un segreto GRAZIE ALBERTO.

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